Che effetto fa vedere gli "Elio e le storie tese" all'auditorium di S. Cecilia in Via della Conciliazione,
proprio nel cuore del Vaticano, fra Castel S.Angelo e Lungotevere? Strano. Così come è strano vederseli
entrare sul palco tutti elegantemente abbigliati e composti.
Riassumiamo. Dopo aver volutamente disertato tutte le date del tour di 'Tutti gli uomini del deficiente', mi giunse notizia di questa insolito appuntamento all'Auditorium, proprio in un momento in cui gli 'Eelst' non stanno facendo alcun tour ma piuttosto preparano un album live. Per cui, vista anche l'accessibilità dei prezzi (30000 lire platea e 20000 galleria) e nella speranza di chissà cosa, ci sono andato. Anche perché era certo che all'Auditorium l'acustica avrebbe dovuto essere buona: ed in effetti non ho mai ascoltato la band così bene, soprattutto le tastiere ed i cori, che erano in precedenza spesso soffocati dalla potenza della ritmica. E poi speravo in una nuova scaletta, giacché il gruppo non la rivedeva da un po'. Il gruppo ha voluto affrontare una scaletta apparentemente tradizionale, ma insolita nel proseguimento. Ho
apprezzato la scelta di liquidare la panoramica di 'Tutti gli uomini del deficiente' con la sola 'Psichedelia', favorendo
un repertorio fondamentalmente classico. Infatti fra le composizioni recenti sono state proposte solo 'Bis',
'Farmacista', 'Caro 2000' e "Discomusic". La tradizione è stata invece rappresentata da 'La vendetta del fantasma
formaggino', 'Supergiovane', 'Carro', 'Cara ti amo', 'Essere donna oggi', "Milza" ed anche le più antiche 'Abbecedario',
'Né carne né pesce' e "You".
Tecnicamente, non si può eccepire nulla, giacché gli 'Elio e le storie tese' (particolarmente quel mostro del batterista Christian Meyer) hanno dato ancora una volta il meglio del loro meglio (giusto qualche imprecisioncina nei cori di 'essere donna oggi'); anche Elio è sempre più bravo (non come cantante lirico però), anche se provato da un recente incidente di baseball che gli ha 'sfigurato' il volto. Ascoltarli poi nell'Auditorium è stato ancora più bello. Eppure, tante nostalgie ed un po' di tristezza percorrevano i miei stati d'animo di ascoltatrice riconducendomi
indietro nel tempo, quando ero ancora fava (=iscritto al fan club), quando Feiez era ancora vivo; i concerti duravano
tre ore, l'affiatamento era palpabile ad ogni appuntamento, l'improvvisazione ed il divertimento e, soprattutto,
l'ispirazione raggiungevano livelli insuperabili. A quei tempi (pochi anni fa) per noi ascoltatori e per loro esecutori,
era ancora tutto possibile e tutto incredibile. Anche i backstages stessi, erano più liberi e spensierati. Mi ricordo
che andare a vedere gli "Elio e le storie tese", era un po' come mandare tutto a fare in culo e tuffarsi nel vortice
di un'arte visionaria, rivedersi in maniera diversa, raccogliere immagini e suoni e raccontarseli col senno di poi, avere
una propensione di animo che ci rendeva disposti a tutto e a tutti, perfino ad incontrare l'amore della propria vita,
come è successo a noi due, amore mio, che a distanza di un anno ancora ci tremano le mani e ci sembra la prima volta.
Pensavo che a S. Cecilia avrebbero fatto altrettanto, ma è impossibile. E voglio ammettere che è un limite più mio che loro. Da cui scaturisce un consiglio: «andate a vedere gli "Elio e le storie tese", non pensandoli come gli "Elio e le storie tese", ma come una delle ultime speranze della musica italiana».
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