>>> N O I D U E"Tanto per cominciare sono altissime", dissi col fiatone per la foga e le scale mobili, "Svettano nel cielo. Sempre più su. Puntate dritte al cielo", dissi ancora e lei annuiva. Certo non era facile farglielo capire nella galleria della metropolitana. "Non me la sto cavando bene, vero?", le chiesi. Lei smise di annuire e per la stanchezza si muoveva goffamente, come trascinata dal suo bagaglio. Però voleva che andassi avanti lo stesso. Come previsto, come promesso. Mi sono sforzato di pensare a cos'altro dire. "Sono davvero grandi", ho aggiunto. "Massicce. Sono fatte di acciaio e cemento. E vetro, molto vetro. Ai vecchi tempi, certe cose le avrebbero fatte per essere più vicini a Dio, che era una parte importante nella vita di ognuno; pensa alle cattedrali gotiche", le dissi poi, "ma mi sa tanto che questo è il massimo che posso fare per te. E' che non ne sono proprio capace". "Non ti preoccupare", disse lei. Era stanca, aveva freddo, era preoccupata, era pallida. Eravamo appena arrivati e quello era uno dei nostri tanti sogni in procinto di realizzazione. Era programmato che si realizzasse proprio quel giorno, il 22 dicembre 2001, come previsto, come promesso. "Mi dovrai scusare", le dissi. "Ma non ci riesco proprio a spegarti come sono fatte. Non ne sono proprio capace. Non posso fare meglio di così". Mi ascoltava con la testa abbassata, mentre camminavamo di fretta. Disse: "Il fatto è che non esistono. Sono solo cose da vedere in tv. Tutto lì". Fu allora che uscimmo su Longacre Square all'incrocio fra Broadway e Fashion Avenue, una tempo zona dei commercianti dei cavalli nel tardo XIX secolo, ed ora illuminata dal sole e dalle insegne al neon riflessi addirittura sulla neve. Punge il freddo che vorticheggia unisono con le strisce pubblicitarie, dinamiche di sicuro effetto per chi come lei non è mai stata qui. Di tempo ne abbiamo poco, a giudicare dagli orari assegnatici sulla carta d'imbarco che ci vuole, fra non molto, alla volta di S. Francisco. Ma, al diavolo la California, adesso siamo qui, o meglio lei è qui con me e le suggerisco di guardarsi intorno e voltarsi, affinché lo stupore rifluisca, e poi ancora di fissare lì verso Sud, dove si spera i nostri sguardi fendano il sipario grandinoso per intrevederle. Poiché già da qui ci dominano e ci osservano. >>> L E IAll'incrocio con Madison Square Park optammo per la Fifth Avenue, dove nei primi del 900 il miliardario Morton Plant scambiò la sua residenza per una collana di perle di Cartier. E proprio da Cartier sulla cinquantaduesima a Tiffany sulla cinquantasettesima, sfilarono i nomi più famosi, i più illustri simulacri di ricchezza, come quei pochi edifici rimasti dei Vanderbilt e degli Astor. "Ho visto tutto, tutto. Gli ospedali io li ho visti, ne sono certa. Come avrei potuto evitare di vederli? Ho visto i telegiornali del primo giorno, del secondo giorno, del terzo giorno. Anche del quindicesimo giorno. Non ho inventato niente." Il 'Village' ricovero per l'epidemia di febbre gialla nel 1822, in seguito paradiso bohémien per celebri artisti un tempo e infine rifugio per studenti, omosessuali, anticonformisti. "Ho visto la gente guardare, passare pensierosa, scattare fotografie, poi correre. Le fotografie, le ricostruzioni, i modellini. Non è rimasto altro. Ho guardato la gente, ho guardato me stessa, assorta. L'acciaio, l'acciaio bruciato, l'acciaio spezzato, l'acciaio fatto vulnerabile come la carne. Chi ci avrebbe pensato? E le pelli umane fluttuanti, sopravvissute ancora fresche delle loro sofferenze. E il cemento, il cemento infiammato, il cemento esploso. Le anonime capigliature: le donne risvegliandosi le ritrovavano a terra intere, ormai perdute. Ho avuto caldo. 2000 gradi. Lo so...la temperatura di un terzo di sole. Come ignorarlo?" South of Houston, minacciato di demolizione negli anni '60 perché troppo industriale, adesso fragranza del brunch a tarda mattinata ed aroma di 101 varietà di caffé prima delle visite alle gallerie. "Come in amore esiste questa illusione di non poter mai dimenticare, ho avuto l'illusione davanti ai superstiti di non poter mai più dimenticare. La pazienza, l'innocenza, la dolcezza apparente dei provvisori superstiti, adattarsi a una sorte talmente ingiusta che l'immaginazione, di solito così feconda, davanti ad essa si rinchiude. Ascolta, io so...so tutto. E so che ciò si ripeterà". Il mercato di Canal Street con gli abiti nuovi ed usati in vendita, il Buddist Temple alla cui luce delle candele risplendono 100 Buddha d'oro in esposizione, il muro della democrazia tappezzato di giornali e poster sulla situazione cinese, la comunità prevalentemente maschile che si rilassava giocando al mah-jong, i gangster nelle sparatorie degli anni '20. "La pioggia fa paura. Piove cenere sulle acque dell'Atlantico. Ascolta: io conosco l'oblio proprio come te. Come te sono dotata di memoria e conosco l'oblio. Come te, anch'io ho cercato di lottare con tutte le mie forze contro la smemoratezza. E come te, ho dimenticato. Come te, ho desiderato avere un'inconsolabile memoria, una memoria fatta d'ombra e di pietra. Ho lottato da sola ogni giorno con tutte le mie forze contro l'orrore di non poter più comprendere il perché di questo ricordo. Come te ho dimenticato. Perché negare l'evidente obbligo del ricordo? Ascoltami io so che tutto ciò si ripeterà. Brucerà l'asfalto, regnerà un profondo disordine. Un'intera città sarà sollevata da terra e ricadrà in cenere." >>> I OE così ho incominciato a correre e trascinarla ancora verso Sud, quel tanto che bastava. Mi pareva di non avere più un briciolo di forza nelle gambe. Piangeva e non voleva guardare. Non ne voleva proprio sapere di guardare e storceva il collo altrove. Ma poi inevitabilmente, come previsto e come promesso, ecco rivelarsi a poco a poco il luogo dei cinque edifici. Il 7 agosto del 1974 Philippe Petit passò da una vetta all'altra camminando su un cavo con un'asta per mantenere l'equilibrio, tenendo migliaia di impiegati a bocca aperta per quasi un'ora con la sua temeraria audacia. Due scatoloni, per i critici. "E adesso chiudi gli occhi", le ho detto. Lo fece. Li chiuse proprio come le avevo detto. "Li hai chiusi?", le ho chiesto. "Non imbrogliare". "Li ho chiusi", ha risposto lei. "Tienili così", le ho detto. Poi ho aggiunto: "Adesso non fermarti. Continua a camminare". E così abbiamo continuato. Il mio corpo guidava il suo, le nostre presenze si addentravano al centro del luogo. Era una sensazione che non aveva mai provato in vita sua. Poi le ho detto: "Mi sa che ci siamo. Mi sa che ce l'abbiamo fatta", ho detto, "Io ti incontro e mi ricordo di te. Chi sei tu? Come avrei potuto sapere che questa città era fatta per il mio amore? Come avrei potuto sapere che il tuo corpo si adatta al mio? Tu mi piaci. Che avvenimento: tu mi piaci. Quel languore all'improvviso, quella dolcezza. Tu non puoi sapere. Perché non te? Perché non te in questa città e in questa mattina così simile alle altre al punto da rendersi irriconoscibile?". Le ho chiesto: "Da' un po' un'occhiata. Che te ne pare?" Continuò a tenere gli occhi chiusi. "Allora?", ho chiesto. "Le stai guardando?" Teneva gli occhi ancora chiusi. "Sono bellissime", ha detto. (liberamente generato da "Cattedrale" di R. Carver, "Hiroshima Mon Amour" di A. Resnais e "City Book - New York" di Arnoldo Mondadori Editore)
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