Concerto di Monterotondo dell'8 luglio 2002 |
a cura di
Betlemme |
Per una delle loro rare apparizioni in terra laziale, Elio e le Storie Tese hanno regalato al loro fedele pubblico di sempre ed anche a chi ha beneficiato di uno dei 600 (seiciento!!) accrediti un concerto davvero memorabile, con una scaletta composta in parte da brani nuovi e in parte da brani che effettivamente non sentivamo da tanto tempo.
Se l'attesa è stata lunga e francamente un po' snervante, ecco che gli Elii, dopo la consueta introduzione dell'armonicista pazzo, hanno subito deliziato il prato dello stadio Cecconi di Monterotondo con un medley composto dalla sempre trascinante Cassonetto e... non dal Fantasma Formaggino, come tutti immaginavamo, bensì da una delle loro più belle canzoni, Nudo e senza cacchio. Questa sicuramente è stata una delle grandi sorprese della serata, e il pubblico la ha accolta con grande entusiasmo sin dai primi accordi lunghi in 4/4. Del resto, come si può rimanere indifferenti ad un verso come "Non sarò campana per il suo batacchio", sintesi vera del pensiero eliatico; proprio in riferimento al verso riportato, si cita uno dei più grandi successi della disco music degli anni '70, Ring my bell, che in slang più o meno significa... beh, potete immaginarlo, no?
Elio ringrazia il suo pubblico e, mentre rimane un pochino spiazzato da uno striscione che si leva tra la folla sul quale si magnificano in soldoni le "gioie di essere froci" (parole vere), introduce sul palco il sindaco di Monterotondo. Questi ringrazia chi è intervenuto al concerto, ricorda lo scopo benefico di tutte le manifestazioni che si tengono in quel periodo nella cittadina laziale (una terra per la Palestina), e ci lascia di nuovo in compagnia del nostro complessino. Nonostante l'appartenenza del sindaco allo schieramento comunista (!!) Elio, nella magnanimità propria degli appartenenti a Forza Italia, loda gli sforzi fatti dalla giunta bolscevica che li ospita. Bontà loro...
Il concerto riprende con Il vitello dai piedi di balsa. In omaggio a chi interpretava un tempo il vitello dai piedi di cobalto, Enrico Ruggeri, la pena aggiuntiva per il vitello dai piedi di balsa, oltre al taglio dei piedi medesimi, non è più la bellissima canzoncina de The Los Sri Lanka Parakramabahu Brothers, bensì La Balalaika, con la quale il cantautore milanese ha ottenuto il quarto posto nell'ultima edizione del Festival di San Remo.
Dopo che, come consuetudine, il vitello dai piedi di balsa scopre l'altro lato della sua sessualità, Elio si scusa con il pubblico per il ritardo con il quale ha preso via il concerto, adducendo come motivazione il divertimento provato da lui e dal complessino sul calcinculo piazzato a poche decine di metri dal palco. C'è infatti da precisare che nei pressi dello stadio Cecconi si stavano tenendo altre manifestazioni, come lo spinning e appunto le giostre.
Il concerto è proseguito con Carro, introdotta da un accordo sbagliato dal diciassettenne Carambola e dal conseguente rimprovero da parte degli altri componenti, che sfocia in un litigio senza precedenti. Ci fosse stato Rocko Tanica, di sicuro si sarebbe levato il grido Vivi Rocko!
In Servi della Gleba (un'altra canzoncina che da tanto non sentivamo) le assurde motivazioni addotte da Elio per la sua assenza alla serata amici-chitarra-spinello vengono accolte dallo sputazzo che Cesareo indirizza al servo della gleba; così si fa. Ben altra reazione si ha alle lacrime del povero Faso dopo la telefonata alla tipa che ama, ovviamente non riamato: ci vuole qualcosa che tiri su il caro bassista... e cosa c'è di meglio allora di una barzelletta intramontabile come quella del Fantasma Formaggino?? Faso ritrova subito il sorriso, il pubblico anche, e nell'euforia generale il canto d'aiuto rivolto dall'italiano al dio della barzelletta è "I' te vurria schburrà...". Qualsiasi divinità sarebbe accorsa a questa docile invocazione!
La scaletta ha visto poi Born To Be Abramo (con una bellissima entrata fuori tempo e un'altrettanto meravigliosa intro blues), Burattino senza Fichi (al termine del quale Elio ha intimato lo spegnimento del calcinculo) e la prima delle tre nuove canzoni suonate in questa tornata di concerti: Ballata della Pena di Morte.
Un Mangoni in forma come ai tempi de La Visione interpreta il condannato a morte che supplica chi lo ha condannato di tornare sulla propria decisione e di considerare quale contraddizione si verifica nel concetto di Stato che mette a morte chi ha sbagliato, chi non può usufruire di una seconda occasione. Un arrangiamento meraviglioso accompagna queste parole, disperate e veritiere.
La canzone Pilipphino Rock ci riporta a un'atmosfera più leggera. Lo sfogo del domestico filippino che nota l'opulenza del proprio datore di lavoro (che mai si sognerebbe di metterlo in regola) inizia sull'aria di Jailhouse Rock e cita anche il buon Raf (cosa resterà di questi anni '80). Sembra quasi di tornare indietro nel tempo, come se il nostro amico filippino fosse un novello sciur Francesco, che nonostante i suoi sforzi viene sempre fregato (diciamo così...) da chi si fa più furbo e più profittatore.
Chi può aiutare l'amico filippino, e assieme a lui tutta la massa di giovani che si trovano a fronteggiare un mondo di ingiustizie e crudeltà? Solo Supergiovane! Ecco che Mangoni si precipita sul palco con il suo mantellino e la sua calzamaglia, per il suo consueto giuramento di fedeltà ai giovani che difende. Giovani che dal canto loro sono molto più contenti adesso; difatti non sono più Casa delle Libertà, bensì... Boshascha! Evviva Enrico Ruggeri!!
Un dolce ricordo delle donne ukraine con le quasi si sono volgarmente intrattenuti prima dell'inizio del concerto (altro che calcinculo...) spinge gli Elii a cantare quel gran pezzone che è Cara Ti Amo. Un'esecuzione questa certo ben lontana dai fasti del concerto di Pontremoli, ma che ha visto una nuova merce di scambio proposta dal giovane uomo Carambola alla sua amata: non più la pelliccia, bensì la panzanella, piatto della cucina romana! La concessione dell'utero da parte della giovane donna è stata a quel punto un gioco da niente. Anche se una domanda ha attanagliato il complessino... cosa diavolo è la panzanella??? Come spiegargli che non è altro che pane bagnato in acqua fredda, mescolato con cipolla, pomodoro e acciughe e condito con olio, sale, aceto e erbe aromatiche? (Si ringraziano i Prof. Devoto ed Oli per il loro prezioso e inconsapevole aiuto...).
Si ritorna a temi impegnati. Evviva/La Visione, con il solito grande Mangoni a rappeggiare assieme ad Elio, con la solita presentazione del complessino che mano a mano smette di suonare fino a che rimane Faso che si esibisce al clito-jack da vero maestro. Alla fine della canzone Mangoni ci suggerisce un nuovo modo per preparare la panzella (sì, proprio panzella!!!): si dice sia molto più buona se ci viene aggiunto della sborra. Proveremo...
La scaletta si chiude con il terzo nuovo pezzo degli Elii: Litfiba. Qui, su un arrangiamento di beatlesiana memoria, vengono pregati Piero Pelù e Ghigo Renzulli di fare pace, di tornare assieme a deliziare il pubblico che li venerava, di non fare insomma la stessa finaccia che fecero appunto i Beatles a causa di Yoko Ono. E qui, mi sia permesso di citare una battuta di Daniele Luttazzi: non viviamo in un mondo perfetto; in un mondo perfetto Mark Chapman avrebbe sparato a Yoko Ono.
Il tripudio dello stadio Cecconi convince gli Elii (già saliti in macchina a sentir loro...) a tornare sul palco per eseguire Largo al Factotum e Tapparella. I cinque accordi finali di quest'ultima sanciscono la fine del concerto.
Un ringraziamento particolare va all'addetto luci dello stadio Cecconi di Monterotondo, per averci lasciati al buio dopo neanche cinque minuti dalla fine del concerto, con l'intento di farci delicatamente osservare che era arrivata l'ora di toglierci dalle balle.
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