Le Fave Romane Leesa e Cicalona incontrano Stefano Bollani (il
Johnny Dorelli di Craccracriccrecr) prima del concerto del 24 aprile 2001, tenuto con Ares Tavolazzi
e Walter Paoli all’Alexanderplatz di Roma…
Domanda: Parlaci un po’ di Stefano Bollani. Chi è?
Risposta: Non sono preparato...questa è una domanda difficile...una delle domande più difficili
mai avute...
Tu lo conosci..
Stefano Bollani lo conosco, è uno che vorrebbe fare mille cose e quindi sta cercando una professione,
che è quella del musicista, che gli consenta di farle tutte e mille insieme; vorrebbe fare possibilmente il
cretino, possibilmente l’intellettuale, possibilmente quello che sta su un palco, quello che però prima di
scrivere un pezzo ci sta cinque giorni, possibilmente però quello che prende e improvvisa un pezzo dall’inizio
alla fine dal nulla; per fare tutte queste cose insieme l’unica possibilità era fare il musicista, e allora fa
questo.
D: Cosa pensa Johnny Dorelli di Stefano Bollani?
R: Il vero Johnny Dorelli... mi ha beccato, cioè io ho beccato il vero Johnny Dorelli una
volta; anzi no, due volte, e la seconda ha capito di chi si trattava, quindi ora comincia a ricordarsi.
Perché già conosceva la tua voce, ti aveva già sentito?
No, io sono andato a presentarmi, aspettandolo all’uscita di un teatro da vero fan, e gli ho detto
che ero quello che lo imitava nel disco di Elio, ma lui non lo aveva sentito. La seconda volta che l’ho
incontrato (per caso, in aereo), mi ha detto che nel frattempo aveva sentito il disco (per cui diciamo
che ho regalato ad EelST un fan in più). Aveva saputo che c’era qualcuno che lo imitava. Quando poi
mi ha conosciuto, gli ho detto: "Dai, ascoltalo!"; gli ho fatto l’imitazione in faccia, che è una soddisfazione;
lui mi ha guardato un po’, mi ha dato uno schiaffetto e mi ha detto esattamente così: "Bravo!".
L’altro Johnny Dorelli di Stefano Bollani pensa che dovrebbe essere meno timido, perché Stefano
Bollani quando fa Stefano Bollani è più timido di quando fa Johnny Dorelli. Allora il Johnny Dorelli gli
direbbe di essere meno timido e più tranquillo. E’ più facile essere baldanzosi con la voce di un altro.
D: Ma quanto sei "avanti"?
R: Io non credo di essere molto "avanti", credo di essere molto "indietro", perché tutto
quello che piace ai giovani a me generalmente non piace; quindi penso di avere un’età anagrafica
sugli ottant’anni... forse li ho doppiati! Ho doppiato i giovani. Sono avanti il doppio.
D: Come nasce Johnny Dorelli?
R: L’imitazione? Per caso, perché stavo parlando al telefono e una persona che mi ha
sentito mi ha detto: "Ma stai imitando Johnny Dorelli?" E io ho detto: "No!" "Sembravi lui!". Mi sono
accorto quindi che mi veniva parlando normalmente.
Si sente un po’ dalla voce, il timbro...
Sì, e poi è milanese anche lui, per cui magari anche l’accento...anche se io sono milanese per
modo di dire, però ho un po’ di accento. Prima lo facevo solo parlare e mi veniva normale, dopo l’ho
fatto anche cantare, e ho scoperto che quando canto con la mia voce ho un certo volume, quando
canto con la voce di Johnny Dorelli ce n’ho il doppioooo! Se c’è un teatro dove non ho il microfono mi
conviene cantare come Johnny Dorelli.
D: Come nasce il rapporto con EelST?
R: Dunque, io ho conosciuto Christian e Faso anni fa in veste di musicisti, vennero a
fare un seminario a Firenze e ci accoppiarono; cioè è stato detto loro: "Volete suonare con dei
musicisti di Firenze? Ecco qua Stefano Bollani". Ed era sette anni fa credo, io ero bimbetto. Io ero
un fan del gruppo da prima che facessero il primo disco; avevo le cassette degli amici, con le prime
versioni de "La saga di Addolorato", ecc. Poi non ci siamo più visti per molto tempo, e un giorno
Christian mi ha telefonato perché c’era bisogno di sostituire uno dei due tastieristi della Biba Band;
mi ha mandato una cassetta con dei pezzi difficilissimi, e io mi sono messo d’impegno perché non
volevo fare brutta figura. Poi sono andato là, ci siamo divertiti subito, abbiamo fatto un concerto,
e praticamente sono diventato uno dei due tastieristi ufficiali. Ma già al primo concerto, siccome
siamo stati insieme tre giorni, mentre eravamo in pullman io ho fatto Johhny Dorelli, e sono stato
costretto la sera a ripeterlo sul palco. Subito è nata questa cosa.
D: Un pregio e un difetto per ognuno degli Elii.
R: Conosco ovviamente meglio la parte della Biba Band, Elio, Faso e Christian. Quindi
parto dai due che conosco meno: Cesareo non lo so dire, ci conosciamo proprio poco, non
ho mai suonato con lui. L’ho visto in studio quando sono andato a trovare Elio che registrava.
Tanica... un pregio e un difetto, anche lui è difficile. Il difetto è che parla molto, il pregio
è che parla molto. Per esempio penso che Elio sia una delle persone più timide del mondo, per quel poco
che lo conosco; una persona timida che si trova a fare la rockstar… in definitiva credo che sia ancora più
divertente per lui, perché normalmente non é il tipo che fa certe cose, e allora proprio per questo si
butta, si lancia, aggredisce il pubblico, perché forse non saprebbe fare altrimenti. Io l’ho visto fuori
dal palco, di tutto il gruppo è il più riservato. Credo che questo sia un pregio, è una persona riservata,
che si fa gli affari propri. E’ una persona con cui stai bene, una persona molto tranquilla, molto pacata.
Faso e Christian... ma i difetti io non li so, non li conosco abbastanza... aspetta, Faso ha un
problema: ha un gatto. Io ho dormito a casa sua una volta… ha un gatto che fa gli assalti notturni!
Questo è un grosso difetto: se vuoi avere gente ospite non puoi avere quel gatto, però a lui piace
molto, quindi non gli si può dire nulla... Ma fa assalti veri! Nel silenzio, mentre tu stai dormendo,
improvvisamente c’è una centrifuga che ti salta sul letto e poi va via, scappa. Non puoi sapere
quando tornerà. Poi quella notte Faso ha capito la situazione e si è chiuso nella sua camera col
gatto, ha messo il mobile davanti alla porta. Il pregio è l' enorme simpatia, non c’è molto da dire,
è una persona che ha un bel sorriso. Christian… dovrei dire la simpatia, allo stesso modo; e il
difetto di Christian non lo so... beh, è un batterista! Nessuno è perfetto. Jantoman è pazzesco,
è un computer umano (questo è il pregio); è un computer nel senso che è uno su cui fare
affidamento, infatti la Biba Band si regge molto su di lui, perché sa sempre cosa sta succedendo,
è sempre molto presente, virtù rara nei musicisti che di solito si perdono; mentre suonano vanno
su un altro pianeta, invece lui che viene da un altro pianeta mentre suona è sulla Terra. Difetto,
così a occhio: direi che quel tanto di concentrazione che mette sulle tastiere, gli sfugge nel resto
della vita. E’ uno che forse, in molte cose, è distratto. Però non so neanche se questo è un difetto,
perché lo rende ovviamente più simpatico. Se fosse sempre attento e preciso sarebbe il famoso
secchione che tutti odiano in classe. Ecco, è un po’ Einstein.
D: Come vedi la Biba Band?
R: Un evento unico tutte le volta che accade, penso sempre che non ci sarà la volta
dopo, perché è difficile mettere insieme tutte quelle persone. E’ difficile anche vendere quella cosa,
far capire che cos’è, perché in generale molti la comprerebbero ad un festival di jazz o ad un festival
qualsiasi, perché c’è Elio e pensano di attirare pubblico. Invece non è detto che il pubblico sia lo
stesso, anzi.
Comunque come metodo per farla conoscere è buono, l’importante è che la gente la
conosca. I fan di Zawinul per esempio
non conoscevano la Biba Band, sono venuti a Cassano D’Adda a sentire il concerto e hanno fatto
una recensione tecnica molto bella.
In definitiva trovo giusto che la Biba suoni raramente; è una cosa che ci diverte proprio perché
accade una volta ogni tanto, e ogni volta sembra la prima... e sempre anche l’ultima, perché uno
pensa: "Chissà quando mai..."
D: Se non suonassi il piano, quale strumento ti piacerebbe suonare?
R: Farei il cantante e basta.
Non c’è un altro strumento che ti attira...
No, una volta che non suonassi il piano, non so… passerei ad un altro strumento, ma sarebbe
abbastanza indifferente, uno qualsiasi; si chiamano strumenti perché sono cose grazie alle quali hai
la possibilità di fare musica. L'importante è fare musica.
D: Ma dicci qualcosa di figo: dove sta andando la musica? E perché? E chi le ha dato il
permesso?
R: Sono ottimista sulla musica, penso che stia seguendo il suo corso naturale. Trovo
giusto che la musica vada in una certa direzione, che si sperimenti, che si faccia il possibile anche
per inventare cose nuove, anche se poi molte delle cose che si sentono sono già sentite. Questa
tensione in avanti è sempre bella, e porta, come tutte le avanguardie, ad un periodo in cui si fanno
tanti esperimenti ma non viene nulla di buono, e poi a qualcuno che sintetizza e tira fuori qualcosa
di interessante. Però trovo molto bello il fatto che, forse dopo tanti anni, dopo tanti secoli di musica,
siamo in un periodo in cui c’è molta attenzione per quello che è già stato, per il passato, forse grazie
al fatto che ormai ci sono i dischi, possiamo sentire gli originali, possiamo ancora sentire Louis
Armstrong e Elvis Presley. Nella musica classica si sa che c’è questa attenzione. Ma nel rock, nel jazz,
il fatto che si faccia tesoro di quegli insegnamenti mi piace molto. Se sento una persona che non fa
tesoro di quegli insegnamenti, non mi piace quasi mai. Me ne accorgo. Una persona che nasce dal
nulla, che un giorno si alza e dice: "Adesso mi alzo e faccio i pezzi miei", di solito non mi attira,
perché comunque la coscienza di quello che c’è stato è importante, in tutte le cose.
D: Ultimo libro letto, ultimo cd acquistato, ultimo film visto.
R: Ultimo film è quello di Nanni Moretti, "La stanza del figlio", che mi è piaciuto. Io non
sono un fan, non li ho neanche visti tutti, anzi ne ho visti un paio.
Hai pianto?
Sì, ho pianto. Se c’è una cosa da dire di quel film è che è fatto apposta, non puoi non piangere
in ogni caso. Specialmente se sei minimamente vicino alla situazione descritta, anche se hai la sola
intenzione di fare un figlio...se hai trent’anni e vai a vedere quel film, insomma, è difficile che non ti
coinvolga.
Ultimo cd acquistato è... ne compro tanti, allora mi dimentico...
L’ultimo che ti ricordi.
L’ultimo cd acquistato è quello di Henri Salvador, e l’ultimo libro letto (lo sto leggendo ora) è
"I fiori blu" di Raymond Queneau; però lo sto rileggendo per la quarta volta, quindi non vale.
D: Un cd che ti senti di consigliare e un cd che non compreresti mai.
R: Un cd che non comprerei mai è quello degli 883, dico il primo che mi viene in mente.
Quello che mi sento di consigliare è una compilation dei primi lavori di Joao Gilberto, famoso disco da
isola deserta.
D: Con quale musicista del passato, del presente, del futuro ti piacerebbe suonare?
R: Del futuro con mio nipote. Del passato... è una di quelle domande cui dovresti rispondere
al volo, no? Il mio mito... ci sono persone che mi piacciono tantissimo, ma con cui magari se vado a
suonare non so cosa fare; esempio: i King Crimson sono un gruppo che mi fa impazzire, ma non mi
verrebbe mai in mente di suonare in un gruppo che fa quella musica. Mi fa impazzire da ascoltatore.
Forse suonerei volentieri con Louis Armstrong. Un musicista del presente: Caetano Veloso.
D: Come mai ti piace rivisitare pezzi del passato in chiave jazz?
R: Beh, un po’ ti ho già risposto. L’idea nasce soprattutto dal fatto che amo quel
repertorio. Io amo la musica leggera italiana fino ad un certo anno, poi faccio fatica; mi piacciono
poche cose, perché la trovo davvero leggera; se uno vuole ascoltare qualcosa di pesante, pesante
nel senso di denso, profondo, intenso, va ad ascoltare Ravel, Debussy o Mingus e Miles Davis. Se ho
voglia di una canzonetta, deve essere una canzonetta. Invece oggi perlopiù le canzoni tentano di
trattare temi impegnati, e non sono in grado; la maggior parte dei cantanti non ha il carisma e
l’autorità per fare una cosa del genere. Quando sento i guru, i predicatori, quelli che parlano e ti
dicono cosa dovresti fare, e parlano della droga e della violenza sessuale, allora penso che
dovrebbero scendere dal piedistallo e ascoltare i dischi di Modugno e dei suoi predecessori.
D: Cosa pensi in realtà di te stesso?
R: Penso di essere molto irrequieto, e di voler fare sempre qualcosa di nuovo. Questo
è sia il pregio che il difetto.
D: Cosa pensi in realtà di questa intervista?
R: Che hai una macchina carina, che la canna era buona... no dell’intervista, certo! Che
erano domande che mi hanno messo in difficoltà e quindi erano positive.
D: Quando ci linki sul tuo sito?
R: Quando volete. Adesso lo dico alla signorina. Promesso.
D: E’ vero che quando suoni con i tuoi gruppi sei un po’ "cacacazzi"?
R: Come fai a saperlo? Chi ve l’ha detto? Qualcuno qui? Sono cacacazzi e cerco di
nasconderlo, per cui sarei curioso di sapere chi te l’ha detto; dentro di me sarei molto più cacacazzi
di quello che sono, e fuori faccio il diplomatico. Quindi sono un cacacazzi, però credevo che non se
ne fossero accorti.
D: Fatti una domanda e datti una risposta. Non vale dire: "Come stai?" e "Che ora è?".
R: La domanda è: "Perché sei qui?" La risposta è: "Passavo per caso".
D: Facci una domanda e ti daremo una risposta.
R: La domanda è: perché proprio la musica e non la scultura?
D: Non puoi sapere se noi non seguiamo la scultura. Non puoi sapere come seguiamo la scultura.
R: Questa è già una risposta. Ok.
Un grazie a Stefano Bollani per la sua disponibilità e per l’inesauribile carica di simpatia che ha accompagnato
la sua intervista.. e i suoi concerti! A presto! :)
(da sx: Duccio, Leesa, Bollani, la Cicalona)
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