Lo Spigolo di Kranpo - n. 6

Kranpo
a cura di Kranpo

Andiamo ad incominciare.

"Guardiamo questo scrigno di grazie fiorentine,
membra flessuose e asciutte, su cui regnano a gara
l'Eleganza e la Forza, due sorelle divine.
E' una donna slanciata e salda, opera rara,
cui finse l'Arte in forme incantevoli e nuove,
degna di consolare d'un papa o d'un signore
gli ozi, e di farsi un trono nelle più ricche alcove.

-Ammira il suo sorriso sottile e tentatore,
che la fatuità di vaghe ebbrezze imbeve,
l'occhio che indugia languido, ironico, prezioso,
il viso tutto vezzi, cinto d'un velo lieve,
che sembra proclamare nel suo modo imperioso:
'La Voluttà mi chiama, l'Amore m'incorona!'
Nota il piccante fascino che a questo essere, ornato
di regale imponenza, la gentilezza dona.
Ma accostiamoci, orsù, guardiamo da ogni lato.

O scalpello blasfemo, o sorpresa funesta!
In un mostro bicefalo si termina lo snello
corpo di dea che or ora ci prometteva l'estasi!

-No, è solo una maschera, un seducente orpello,
questo viso che illumina una smorfia squisita;
guarda il secondo, il vero, come terribilmente
si raggrinza e s'appiatta, quasi immonda ferita,
sul rovescio e al riparo del sembiante che mente.
O derelitta, grande bellezza! Nell'inquieto
mio cuor delle tue lacrime l'onda splendida muore.
ebbro della menzogna che m'offri, mi disseto
al fiume che rapisce ai tuoi occhi il Dolore.

-Ma, insomma, perchè piange? Lei così bella, ai cui
piedi si prostrerebbe il mondo vinto e muto?
I suoi fianchi d'atleta, che male rode, buio?

-O pazzo, non capisci? Piange perchè ha vissuto!
Perchè vive! Ma questo, soprattutto, l'accora,
e un brivido le suscita nei ginocchi: che poi,
domani, dovrà vivere, ahimè, vivere ancora,
domani e doman l'altro e sempre! - Come noi!"

(Baudelaire "La Maschera")

Volevo trattare di poesia in questo spigolo, perciò dopo Baudelaire, invece di dare voce alle mie composizioni in versi per oggi decisamente fuori luogo, ho pensato di mostrarvi qualcosa di nuovo. Si tratta di una poesia che Kazuko Shiraishi, un danzatore Butoh, ha dedicato a Yoshiyuki Takada, un altro danzatore Butoh, morto durante una performance. Non so se molti di voi conoscono il Butoh, prima o poi sicuramente ne riparlerò perchè è un argomento affascinante e sorprendente, magari con stralci di interviste agli artisti, foto e contributi di studiosi, comunque vi posso dire che è una forma di teatro/danza giapponese di genesi abbastanza recente (Tra gli anni '60 e '70) assolutamente d'avanguardia, estrema, eccessiva, molto difficile da definire, sicuramente di rottura, di rivolta, provocatoria, surreale, grottesca, senza regole precise (al contrario dei classici teatri orientali ricolmi di disciplina, convenzioni e obblighi) e senza uno stile omogeneo; basato sul corpo, sulla fisicità, sulla presenza, sul rifiuto, sull'autenticità, è una forma di spettacolo trasgressiva, da alcuni definita come un'anarchia distruttiva, irrazionale... negli anni poi si è frantumata in svariate correnti diverse tra loro, spesso corrispondenti ad un solo artista con il proprio stile personalissimo. Beh, riporto qui la poesia e una breve introduzione che spiega lo spettacolo e come avvenne la disgrazia.

Amaro a volte il caso, mentre scrivo apprendo una notizia spiacevole: Carmelo Bene è morto. Un grave male l'ha portato via. Mi viene solo da dire, Dedicato a lui.

"L'anima che trovò la pace nel cielo"

Soffiando in un enorme guscio di conchiglia Ushio Amagatsu annunciava che i Sankai Juku (un gruppo di danza Butoh. NdK.) stavano per esibirsi nell'"evento della sospensione". Dopo il debutto parigino nel 1982, questa caratteristica rappresentazione era stata eseguita almeno un centinaio di volte.
Rannicchiati in una posizione fetale, quattro danzatori nudi, dipinti di bianco, con la testa rasata, scendevano sospesi ad una fune srotolandosi lentamente sulla fiancata dell'edificio prescelto: templi, musei, cattedrali, palazzi, persino il Dorothy Chandler Pavilion di Los Angeles oppure la parete del Pincio a Roma.
Il 10 settembre 1985, a Seattle, durante una di quelle famose discese, il danzatore Yoshiyuki Takada precipitò a terra con un volo di circa trenta metri e morì sul colpo. Una fune si era spezzata.

Non ho mai pensato a una morte simile,
una testa che cade per la prima volta dal cielo
agonizzante sulla strada verso il paradiso.

Non un uccello, ma un uomo.
Non un dio, ma un essere umano.

Egli ha vissuto, senza commettere errori
contro la bellezza dell'esistenza,
con sincerità, con diligenza,
per la gioia della vita e dell'ascensione.

Il destino lo ha colpito,
diritto dal cielo.
Ti domando, Dio, dov'era la tua mano?
Che sia la tua destra o la tua sinistra,
Non era in tuo potere usarla?
Dritto dal paradiso nel cielo,
Affrontando la voce ardente nelle profondità del cuore.

Oh, spirito in ascesa,
Tu che eri così giovane!
Così giovane, eppure sei caduto nel cielo."

(tratto da "Buto. La nuova danza giapponese" editori associati)

Credo di aver terminato.
Alla prossima.
Oi! Oi!

 

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