Il concerto di Tullio De Piscopo dell'11-7-2001 |
a cura di
Betlemme |
TULLIO DE PISCOPO & BLUES BRASS ENSEMBLE + DRUM BATTLE
VILLA CELIMONTANA, ROMA, 11 LUGLIO 2001
La batteria: strano strumento. E’ formata da tanti altri strumenti: piatti, charleston, tom di varie
tonalità, rullante, gran cassa… insomma, una gran moltitudine di pelli, legni e ferri sui quali
agiscono due bacchette di legno. Il risultato? Per i profani essenzialmente rumore, per chi ama
la musica (non solo la percussione) è suono. Ora, sottilissimo è il filo che separa una
percussione che faccia solo del rumore da una che invece risulti gradevole all’orecchio. La prima
scarica la sua forza sulla pelle o sul piatto di turno non preoccupandosi dell’effetto che essa
provoca allo strumento ed all’ascoltatore; la seconda invece si preoccupa della vibrazione dello
strumento percosso e di quanto essa può risultare “ascoltabile” al pubblico.
Ora, è piuttosto facile per tutti (o almeno per chi ha un minimo di orecchio musicale) tenere alla
batteria un tempo di 4/4: bacchetta destra che percuote il charleston per quattro semiminime,
piede destro che agisce sul macchinario della gran cassa sulla prima battuta della misura,
bacchetta sinistra che percuote il rullante alla terza battuta… semplice no?
Eppure c’è chi stravolge questo schema precostituito: qualcuno che pensa la batteria non solo
come mezzo per tenere il ritmo, per accompagnare il resto degli strumenti, ma come strumento
solista esso stesso.
Tullio de Piscopo è uno di quelli che la pensano così. Chi lo segue da tempo lo sa molto bene,
chi non lo sapeva ancora ha avuto modo di verificarlo a Villa Celimontana, nel cuore del rione
Celio di Roma, dove sì è esibito prima con il suo Blues Brass Ensemble, e poi con altri quattro
amici che hanno la sua stessa opinione della batteria. Quel che ne è venuto fuori è stato un
fluire di note e di ritmi straordinari e bellissimi, che sicuramente hanno fatto cambiare idea
sulla batteria a parecchie persone che la relegavano di abitudine fra gli strumenti “di
accompagnamento”.
Il concerto è stato diviso in due parti. Nella prima, il Blues Brass Ensemble, in assolo, ha
introdotto l’ingresso di Tullio de Piscopo, star della serata romana. Insieme hanno poi suonato
musiche jazz, il primo vero amore del batterista napoletano; non va dimenticato, infatti, che
all’età di 13 anni De Piscopo ha cominciato, spinto dalle necessità economiche della sua
famiglia, a suonare nei circoli NATO di Napoli, dove ha appreso i primi rudimenti jazz.
Sotto la guida ritmica e solista delle sue bacchette, i suoi musicisti hanno tessuto melodie
davvero degne di nota. Vale davvero la pena di ricordare qui i loro nomi: Fabrizio Bosso alla
tromba solista e al flicorno – Karl Fimiani alla chitarra acustica ed elettrica – Guglielmo
Guglielmi alle tastiere – Aldo Bassi e Stefano Coltellacci alle trombe – Stefano Scalzi al
trombone – Carlo M. Micheli e Davide Grottelli ai sax e Stefano Sabatini al piano. A questi si è
aggiunto al contrabbasso Rosario Bonaccorso, fratello del grande e rimpianto Naco, per il quale
ogni anno Rosario stesso organizza il festival di percussioni a Laigueglia (Savona).
Due i momenti degni di nota in questa prima parte: la composizione esclusiva per batteria di de
Piscopo intitolata “Impressioni sull’alba in una fattoria di Giugliano” (ovviamente
autobiografica) e la dedica a Louis Armstrong con l’esecuzione di “What a wonderful world” per
tromba e batteria, forse un po’ troppo scolastica, affidata al comunque grandissimo Fabrizio
Bosso.
Dopo una pausa di dieci minuti, Tullio de Piscopo è tornato sul palco con la sua band, ed ha
eseguito una versione di “Notte sul Monte Calvo” di Modest Mussorgski, ovviamente
riarrangiata per orchestra di fiati e batteria solista. De Piscopo non è nuovo a simili omaggi
classici: già nel lontano 1979 aveva suonato il suo strumento sulla base dei Dies Irae tratti dai
Requiem di Giuseppe Verdi e di Wolfgang Amadeus Mozart; e di quest’ultimo ha riproposto
proprio il Dies Irae durante il recente percfest in ricordo di Naco svoltosi nella seconda metà
dello scorso giugno. Ovviamente la performance è stata molto gradita dal pubblico, soprattutto
da quella parte che già aveva potuto, nel 1977, apprezzare la versione “discomusic” fatta da
David Shire e intitolata “Night on disco mountain”.
Di grande impatto scenografico è stato l’inizio vero e proprio della seconda parte del concerto,
ossìa l’ingresso nella “Drum battle”; il palco era occupato sul lato destro dello spettatore da
quattro batterie che aspettavano sin dall’inizio del concerto il loro “padroni”, i quali, introdotti
uno per uno da de Piscopo, hanno preso posizione e si sono vieppiù sommati al ritmo crescente
che ha dato il via al grande incontro. Nell’ordine Paolo Pellegatti, Ellade Bandini, Christian
Meyer e Maxx Furian hanno dato il via ad una mirabolante “gara” fatta non solo di suoni ma
anche di immagini; è infatti, a parere di chi scrive, quasi altrettanto eccezionale vedere il
musicista che suona la sua musica, vedere il rapporto che egli ha con il proprio strumento, i
movimenti (per alcuni forse “buffi”) che fa per suonare anche una singola nota. Per quanto
riguarda la batteria, in particolare, ognuno può appurare da dove provenga un dato suono che
si è soliti ascoltare mille volte: quel suono avrà in seguito a questa esperienza una nuova
forma, che di certo lo renderà ancora più gradevole.
L’affiatamento che accomuna i grandi cinque ha permesso uno spettacolo davvero memorabile;
pezzi solisti dell’uno che andavano a fondersi con quelli di un altro, botta e risposta continui,
intermezzi ritmici suonati a coppia, “fuori programma” divertenti (la perdita della bacchetta di
battuta occorsa prima a Pellegatti e poi a Bandini, incidente del resto non certo raro quando si
suona a ritmi serrati), produzione di suoni insoliti (Meyer ha tenuto per un certo periodo il
ritmo percotendo il bordo della gran cassa). E insieme il Blue Brass Ensemble a fare non solo da
cornice, ma anche da elemento portante all’esibizione.
Il jazz ovviamente ha fatto la parte del leone, in un excursus che ha toccato le grandi epoche
della musica, dagli anni ’20 ai ’60. Nessuno fra il pubblico è riuscito a non muovere un muscolo
per seguire il ritmo avvolgente che ha tenuto con le orecchie ben tese tutti i presenti, anche
quelli che frequentavano i banconi dei due bar, ai quali il Vostro recensore si è avvicinato un
paio di volte…
Verso la fine del concerto, nell’apoteosi generale, i fiati dell’ensemble di de Piscopo si sono
mischiati al pubblico con i loro strumenti, creando un piacevole effetto sonoro grazie al quale
ognuno ha potuto percepire le qualità timbriche dei singoli strumenti.
Questo non è stato certo il primo incontro che questi cinque grandissimi musicisti hanno avuto.
Nell’ottobre dello scorso anno si erano ritrovati a Bolzano, al festival internazionale delle
percussioni (tam-tam ritmi), mentre l’appuntamento a Villa Celimontana è stato preceduto
nell’ordine: il 30 Marzo a Cusano Milanino, nel concerto in memoria di uno dei più grandi
batteristi italiani, Enrico Lucchini, ricordato con commozione anche nel concerto di Roma; e il
20 Giugno a Marostica, teatro di un’altra avvincente drum battle.
E dunque… è raro assistere ad un avvenimento simile, dove la precisione del tenere il tempo
diviene spettacolo, come già si è detto, per occhi e per orecchie.
E per il sottoscritto, anagraficamente non certo adolescente ma favicamente neonato, poter
stringere la mano al buon Meyer è stata cosa degna di nota. Anche se… insomma, non visto ho
cercato di trarre da quella stretta un po’ del fluido ritmico del buon Christian… ma finora i
risultati non sono ancora visibili.
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