Articolo di "Urban":

Elenco sommario delle cose che trovate nell'ultimo album di Elio e le Storie Tese, Cicciput. Enormi prese per il culo, paradossi e nonsense, cacca (tanta), moda (il mondo della), un inno-preghiera per la riunificazione dei Litfiba che sta sospeso tra Sergeant Pepper e la festa di paese. E poi ancora, in ordine sparso, l'omologazione selvaggia e incontrollata, il supereroe Shpalman che spalma i nemici di cacca (ancora!), un po' di progressive (se si dice ancora così, ndr) fatto bene, un rock'n'roll "pilipino". Dentro, ospiti e amici, da Bisio alla Cortellesi, dalla Pausini a Renzulli e Pelù, gli ex Litfiba. Eccetera, eccetera. Questo per dire che satirici, satira, satirizzati e il gentile pubblico - spesso abilmente preso per il culo pure lui - sono tutti invitati a divertirsi allo sbertucciamento musicale. Uno può pensare che siano goliardi, o cabarettisti, ma siccome sono anche eccellenti musicisti onnivori, allora non si sa bene come catalogarli. Da sempre gira l'accostamento con Frank Zappa, uno che faceva grande musica anche usando gli spot dei detersivi. Ma non vorrei addentrarmi in un ginepraio mistico-critico. Quindi, chiuso in una stanza con Elio (Elio) e Faso (tastiere, musiche, testi, basso e altro), provo a partire con la domanda più ovvia.

D: Caro Elio, cari Elii, perché lo fate?
(Elio) - Per ridere! Perché la vita è una noia mortale e noi vogliamo stare bene. Perché vogliamo divertirci, l'obiettivo principale è ridere, tutti i mezzi sono buoni, non ci sono armi vietate. Anche quando scriviamo un pezzo, se dopo quindici giorni, un mese, non ci fa più ridere, via, non se ne fa niente.

D: Non tutti ridono delle stesse cose, però.
(Elio) - Ma il nostro astuto ragionamento di marketing è: se ridiamo noi, rideranno anche gli altri. (Faso) - Anche all'interno dei gruppo un pezzo ha i suoi promotori, uno lo spinge, a uno non piace, è così...

D: Ma lo fate insieme da tredici anni! Come fate?
(Elio) - Con gli avvocati! Anzi, ti rispondo con una canzone di Sting: lf you love somebody set them free. (Faso) - Ti rispondo con una canzone di Battisti: ci allontaniamo e poi ci ritroviamo per restare più vicini.

D: Ok, cancello la domanda, proviamo con questa: non è detto che tutti capiscano la satira che fate.
(Elio) - Forse un po' è vero. Ma chissenefrega. Appurato che la gente non capisce, tu fagli credere che ha capito, che hai detto quello che pensavano... (Faso) - è un meccanismo che funziona sempre... capiscono altre cose? Non fa niente, lasciamoglielo credere...

D: Un po' come quando andaste a sbancare Sanremo...
(Elio) - Ecco, sai la cosa più esilarante, quella che mi fece davvero impazzire. Tu cantavi Italia sì, Italia no, e quelli sotto, eleganti, le signore impellicciate, a battere le mani- Italia sì, ltalio no.. L'oggetto della satira che non si accorge di essere satirizzato e che anzi applaude... fantastico.

D: Arrivaste secondi perché truffati, ma chi vinse quell'anno?
(Faso) - Ron!

D: Ah! Pazzesco!
(Faso) - Vedi, non se lo ricorda mai nessuno, e questa non, è satira? (Elio) - Se arrivi primo sei out, se arrivi secondo e sei stato truffato, o lo fai credere, o accrediti l'ipotesi... Vedi, è tutto un giocare con i luoghi comuni.

D: Un po' come Pelù e Renzulli che cantano in Litfiba tornate insieme, cosa sarebbe, autosatira?
(Elio) - Ma si divertono! Gli piace partecipare agli Elii (Faso) - Ospiti e amici vengono anche perché musicalmente si sa che da qui non uscirà mai una schifezza. Quando abbiamo invitato Imparato, batterista che stava lavorando con Cristiano De André, e gli abbiamo detto, beh, fai qualcosa che ti piace, lui non poteva crederci. Cioè, mettici qualcosa di tuo, non siamo qui per dare ordini... Nella musica italiana mica funziona così.

D: E tutto questo solo per ridere?
(Elio) - Certo, per ridere. E anche per creare arte, che è una cosa rara. Gli anni '60 e '70 erano una fucina di creatività. Oggi comanda il commerciale, passa qualsiasi cosa, tutto è rifatto come dal chirurgo estetico!

D: Però tutto questo è fatto in modo smaccatamente, direi addirittura oscenamente pop.
(Elio) - Certo. Se fai il creativo tout-court finisci povero, o in manicomio. Vivi poco, lavori poco, in fin dei conti godi poco e noi, non essendo ricchi e avendo voglia di vivere bene... Ma per esempio se ti senti Pagano, sull'ultimo disco, ecco, è quello che mi piace fare ora. Ci stiamo riascoltando gli Area, per esempio, creatività allo stato puro... Oggi stiamo creando la nostra etichetta e pensiamo alla Cramps di quei tempi. Incredibili certe cose di Demetrio Stratos...

D: E ora tornate indipendenti, addirittura con l'idea di un'etichetta...
(Elio) - Sì cerchiamo di diventare totalmente indipendenti, dipende anche da lui (indica il disco nuovo, che sta andando benone, ndr) Per la verità il nostro unico disco con una major, l'allora Cbs, è stato il primo, ed era tutto materiale preesistente... Comunque non ci siamo mai sentiti controllati. Da chi, poi? Dalla discografia- italiana? Ma andiamo! la discografia italiana sta in coma farmacologico da dieci anni, per favore... Se la discografia italiana è Caterina Caselli, beh, siamo al medioevo!
(Faso) - Poi c'è il rapporto con il nostro pubblico. Chi sono? Boh, non facile saperlo, anche perché capita che qualcuno ci scopra dopo. Viene lì e ti dice: sai, vi ho sempre considerati dei cazzoni, e invece...

D: Eh,invece?
(Elio) - Siamo un'azienda che si impegna a morte per fare cose completamente inutili divertendosi un sacco.

D: A proposito del disco. Ne La follia della donna ve la prendete con la moda, il tatuaggetto, l'omologazione...
(Faso) - E' satira? Non direi, è quello che percepisco del mondo della moda. Scarpe di merda da donna / che costano milioni all'uomo / E pensare che tutto questo lo hanno deciso / i ricchioni- La follia della donna / quel bisogno di scarpe che non vuole sentire ragioni...

D: E vi sembra carino? Bello? Politicamente corretto?
(Elio) - E' un tormentone, è la foto dell'atteggiamento imperante. I gay intelligenti ridono di queste cose, abbiamo pure vinto il premio Mario Mieli... Quanto al politicamente corretto lasciamo perdere. Piuttosto, quell'irrefrenabile bisogno di un tatuaggetto, di scarpe, di vestiti nuovi, mi sembra una corsa disperata all'omologazione... Già, adesso che ci penso, in ogni canzone è nascosto un dramma...
(Faso) - E poi diciamolo! Nel mondo della moda, nel locale giusto, le ragazze hanno sempre un amico gay! Alla fine può far comodo!

D: Siete dei quastatori, altroché. Vi portate in tour quel Mangoni, l'architetto...
(Elio) - Mangoni è fantastico, fa tutto, non ha vergogna di niente e si diverte come un pazzo. Una volta lo abbìamo regalato a Morandi. Siamo andati ospiti a un suo concerto e poi glielo abbiamo lasciato lì, sul palco. E quello ha preso una sedia ed è stato lì, sul palco, per tutto il concerto... pazzesco. E del resto, questo è abbastanza un mondo di Mangoni...

D: Ma dalle origini cos'è cambiato?
(Elio) - La mia impressione è che quando siamo usciti noi (nell'89, ndr) il livello tecnico si sia un po' alzato, anche per merito nostro. Dio mio, c'era Cutugno... Oggi i giovani che sento magari non sono geni, però suonano. Anche le cose che sentiamo, che ci mandano, magari non c'è l'idea geniale, ma si suona, bisogna cercare... E' assurdo che l'Italia non sappia valorizzare i suoi talenti, qui arte e musica sono considerati optional... E il risultato? Guardalo, è questa cìttà qui, Milano: fare i soldi e del resto, chissenefrega. Dìrei che lo stato della Scala è abbastanza indicativo di come vanno le cose qui.

D: Avrei un'altra domanda, ma non so se posso...
(Elio) - Puoi.
(Faso) - Ma sì, puoi...

D: Com'è nata quella faccenda dell'inno dell'inter, C'è solo l'Inter? Lo dico da interista, tra parentesi, non è che magari porta un po' sfiga?
(Elio) - E' semplice come è nata... me l'hanno chiesta e io l'ho fatta. Ma quanto alla sfiga non ci sto, lì l'unica sfiga sono quelli che scendono in campo. Ma sono contento, allo stadio vedo gente con gli occhi lucidi.

D: Anch'io maledizione, è anni che piangiamo come vitelli...
(Elio) - Però quello che mi ha convinto veramente è che ero presente quando l'ha sentita Mario Corso, Mariolino Corso, il più grande di tutti. Pensa che io quando gioco a baseball ho il numero 11 sulla maglia... Beh, l'ha sentita, era lì davanti a me, e si è commosso...

 

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